«Adesso Giordano Bruno parlerà
anche in russo. La casa editrice dell'Università di San Pietroburgo,
a partire dal prossimo anno, pubblicherà la collana delle opere
italiane del Nolano diretta dal professor Andrei Rossius. Si tratta
di un avvenimento editoriale molto importante che deve il suo
successo alla tenacia e all'impegno di Gerardo Marotta».
Nuccio Ordine — professore ordinario di letteratura italiana
nell'Università della Calabria, internazionalmente conosciuto come
uno dei più autorevoli studiosi di Bruno — è appena rientrato dalla
Russia dove ha partecipato a una conferenza stampa al salone del
libro di Mosca per presentare il progetto della traduzione russa
della commedia e dei sei dialoghi del grande Nolano e la recente
traduzione del suo libro La soglia dell'ombra. Letteratura,
filosofia e pittura in Giordano Bruno (pubblicata sempre dalla casa
editrice dell'Università di San Pietroburgo). La collana, progettata
dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ha ottenuto anche
il prestigioso patrocinio dell'Istituto di Filosofia dell'Accademia
delle Scienze di Russia, diretto dal professor Abdusalam A. Guseinov.
Professore Ordine, è la prima volta che il filosofo nolano viene
tradotto in russo?
«Esistono da tempo, naturalmente, alcune traduzioni delle opere
italiane di Bruno. Ma si tratta di lavori datati che presentano una
serie di errori e di lacune. Negli ultimi venti-trenta anni la
critica bruniana ha fatto passi da gigante sul piano della filologia
e dell'esegesi. Quindi possiamo dire che per la prima volta avremo
in Russia la traduzione integrale delle sette opere italiane. Il
nuovo progetto segnerà certamente una nuova stagione per la
diffusione del pensiero di Bruno in una realtà culturale di
grandissima importanza… ».
In Russia c'è interesse per la filosofia di Bruno?
«Si tratta di un antico amore. In Russia, nella prestigiosa
Biblioteca Statale Lenin, è conservato il tesoro più importante
della filologia bruniana: il famosissimo codice Norov, unica
testimonianza manoscritta dell'attività filosofica del Nolano
legata, soprattutto, all'universo della ‘‘magia''. In Francia, in
Inghilterra o in Germania — luoghi in cui Bruno ha vissuto e ha
insegnato, intrecciando importanti relazioni politiche e
intellettuali — è stato possibile ritrovare esemplari delle prime
stampe e documenti della sua vita. Ma in nessun luogo del mondo gli
studiosi di Bruno hanno scoperto, fino ad oggi, qualcosa di simile
al codice Norov. Codice che assume ancora di più grande valore, in
un contesto caratterizzato dalla rara presenza di autografi del
Nolano e di manoscritti che registrano testi direttamente dettati
dall'autore. Rossius ha ricostruito la storia dell'acquisto di
questo codice e la biblioteca personale del grande collezionista
Avraam Sergeevic Norov (1795-1869). Non bisogna trascurare, tra
l'altro, che sempre nella Biblioteca Lenin si conservano ben 23
esemplari delle prime stampe bruniane: una collezione rara, vista la
scarsa diffusione delle opere del Nolano ».
Quando si risveglia in Russia l'attenzione per Bruno?
«Basta leggere un saggio di Aleksandr Gorfunkel' (Giordano Bruno in
Russia, in ‘‘Rivista di Filosofia'', LII, 1961) per scoprire che le
prime testimonianze dirette risalgono già al Settecento: il filosofo
dell'universo infinito, nel secolo dei Lumi, è ricordato dal poeta
Vasilij Kirillovic Tredjakovskij e del suo pensiero si parla in una
serie di manuali filosofici tradotti da altre lingue. Nell'Ottocento
la conoscenza di Bruno si espande ancora di più, provocando anche
seri problemi ai suoi sostenitori: a A. I. Galic, professore a San
Pietroburgo e maestro del grande scrittore Puškin, fu vietato
l'insegnamento e la sua Storia dei sistemi filosofici venne messa al
bando perché si diffondevano le idee di Bruno sull'unità e
sull'infinità dell'universo. Ma bisognerà aspettare i primi del
Novecento per avere traduzioni integrali delle opere del Nolano: nel
1914, con la versione dello Spaccio de la bestia trionfante, si
inaugura una stagione molto positiva — grazie anche all'interesse
che i pensatori materialisti e marxisti nutriranno per le opere
italiane — che, a ritmi lenti, darà alla luce anche le pubblicazioni
del De la causa, principio et uno (1934), del De infinito, universo
e mondi (1936), di un adattamento teatrale del Candelaio
(1940) e del De gli eroici furori (1953). Si tratta però, come ho
detto prima, di traduzioni fortemente discutibili sul piano
scientifico».
E come procedono le traduzioni di Bruno nelle altre lingue
sponsorizzate dall'Istituto italiano per gli Studi Filosofici?
«Il prossimo anno avremo la traduzione cinese del De l'infinito,
universo e mondi (che si aggiunge al Candelaio e alla Cabala del
cavallo pegaseo) a cura di Tian Shigang e la traduzione giapponese
del De gli eroici furori (la collana, pubblicata a Tokio
dall'editore Toshindo e coordinata da Morimichi Kato, ha ormai al
suo attivo sei opere su sette). Sempre nella primavera 2009,
prenderà il via la traduzione portoghese in Brasile diretta da Luiz
Carlos Bombassaro. Mentre in autunno la romena Humanitas terminerà
la pubblicazione delle opere italiane, realizzata da Smaranda Bratu
Elian, con il De gli eroici furori. Ma altre opere si annunciano in
traduzione tedesca e polacca. Gerardo Marotta lotta con tutte le sue
forze per mantenere in vita questo straordinario progetto assieme ad
altri importantissimi interventi a favore della diffusione del
pensiero filosofico in Italia e nel mondo. È indubbio l'interesse
che il pensiero di Bruno ha suscitato e suscita nelle realtà
culturali più diverse».
Quali sono i temi che attraggono di più?
«Ce ne sono tanti. Credo che la forza del pensiero bruniano risieda
innanzitutto nella sua capacità di legare strettamente la vita e la
filosofia. Se le mie convinzioni filosofiche non si traducono in una
maniera di vivere, la filosofia e la conoscenza perdono il loro
autentico valore. E poi penso anche a temi di grande attualità come
la tolleranza, la separazione tra ricerca filosofica e fede, la
difesa della molteplicità delle lingue e delle culture, la condanna
dei fanatismi religiosi e dell'ottusa violenza che producono, la
necessità di tenere uniti sapere umanistico e sapere scientifico».
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