ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

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SCISSIONI PARALLELE
L’estinzione della schizofrenia

   Per Bauman, la solidità della fabbrica, dello stato sociale, della Chiesa, dell’impresa, dei sindacati e dei partiti, è progressivamente erosa dalla gelatinosa fluidità della modernità globalizzata. Ferito dal conflitto ciclico tra libertà e sicurezza, l’uomo liquido e alienato da una precarietà strutturale cerca spasmodicamente la sicurezza, non la rivoluzione o un sia pur esile riformismo. Tutto sembra convergere verso un habitus di trasognata instabilità. Il lavoro precario diventa allora fonte di alienazione senza speranza. Ci si chiede piuttosto Sergio Pirocome facciano i lavoratori a non cadere nella follia in percentuale molto superiore di quella che viene rilevata. Il compromesso tra la sofferenza che scompensa e le difese contro la paura e la noia si rivela allora un’aspra conquista da rinnovare continuamente. Questa impegnativa normalità sembra sfociare il più delle volte in una faticosa tendenza schizoide, e l’assenza di deliri manifesti appare il prodotto di uno sforzo individuale continuo.
Sappiamo che la schizofrenia è una grave malattia mentale. Per la psichiatria biologica, non è che una demenza precoce. Per la psichiatria transculturale è la principale psicosi etnica dell’Occidente, strettamente legata all’organizzazione del lavoro. Per le multinazionali del farmaco, un enorme affare, da sviluppare ulteriormente.
Comunque sia, se le persone diagnosticate come schizofrenici non si estinguono, nonostante la loro scarsa propensione alla riproduzione, allora la genesi della dissociazione si sviluppa in gran parte aldilà degli accadimenti neurobiologici del nostro cervello. Nella bella prefazione di Sergio Piro si legge:

 

   Se le multinazionali del farmaco globalizzato, oramai signore incontrastate della diagnosi e della terapia psichiatrica, decideranno di scindere l’entità schizofrenica – e non solo – per moltiplicare le sindromi dissociative nonché i loro farmaci e profitti, nessuna forza antagonista sarà in grado, allo stato attuale, di contrastare in maniera significativa un tale disegno di esasperata banalizzazione della sofferenza. L’individuazione di scissioni molteplici e parallele presuppone l’esistenza di un gradiente dissociativo notevolmente ampio. In tal modo la schizofrenia tenderà a scolorire come entità patologica, diventando parte sempre più cospicua e fisiologica della psicologia collettiva, producendo per  gemmazione nuove entità psichiatriche a misura di psicofarmaco. Se il narcisismo di massa continuerà a produrre un infantilismo patogeno generalizzato, iatrogeno e videocratico, fonte di sofferenza diffusa e inestirpabile, forme fruste di schizofrenia al di sotto della soglia della patologia rilevabile potranno modificare in maniera sostanziale la  percezione della nostra continuità nel tempo e nello spazio. Se persisteranno i fenomeni progressivi di precarizzazione estrema del mondo del lavoro, principale attrattore di senso nel mondo occidentale e occidentalizzato, si indebolirà inevitabilmente la coesione interna delle nostre strutture mentali, favorendo scissioni parallele alla progressiva trasformazione del mondo in un non-luogo enorme e indifferenziato. La moltiplicazione globalizzata di schizofrenie parziali appare perciò (…) sempre più premessa ineludibile alla banalizzazione della schizofrenia e alla sua sostanziale estinzione come patologia unitaria. Allora forse la nozione stessa di schizofrenia si diluirà paradossalmente nella frammentazione generale, complice la medicalizzazione di ritorno della sofferenza mentale.

   Devereux ritiene la schizofrenia praticamente incurabile, perché i suoi sintomi principali sono sistematicamente mantenuti in vita dai valori più caratteristici della nostra civiltà. Infatti, gli schizofrenici di solito non si riproducono né biologicamente né socialmente. Sarebbe ragionevole pertanto supporre una loro rapida scomparsa. Questa sorprendente e variegata etnia non sembra però avere la minima intenzione di estinguersi, ma semmai di proliferare anche nelle zone del pianeta di fresca occidentalizzazione.
   La schizofrenia presenta all’incirca la stessa prevalenza dappertutto, poco meno dell’1% della popolazione, e sembra allo stato attuale in ottima salute evolutiva. Circa 600.000 italiani ne soffrono, e 10.000 si ammalano ogni anno, mentre scissioni multiple proliferano su scale diverse nella nostra società ipnotizzata, e  nel nostro paese la riforma psichiatrica figlia della legge 180 perde prestigio e sostegno. Se è vero che gli schizofrenici non si estinguono, tuttavia la schizofrenia sembra gradualmente passare di moda. Contenitore diagnostico versatile ma economicamente sempre più sterile agli occhi di Big Pharma, l’insieme delle multinazionali del farmaco, la schizofrenia deve quindi cominciare a rendere di più. Bisogna fare come con le altre psicopatologie. Non essendoci farmaci antinevrotici, le nevrosi sono andate fuori mercato. I nevrotici sono dati per dispersi, i depressi aumentano vertiginosamente, perché s’impongono gli antidepressivi. Si pone quindi l’esigenza di una cosmesi semantica del lessico psichiatrico. Il farmaco battezza il malato: depresso se curato con antidepressivi, psicotico se curato con antipsicotici, bipolare se curato con farmaci stabilizzanti dell’umore. I sali di litio, che fanno bene e costano poco, di fatto non li usa quasi più nessuno.
   È un antidepressivo sorprendente, la fluoxetina - la pillola della felicità - che ha dato il via al processo. Il suo successo alla fine degli anni ’80 del secolo scorso determina un vero mutamento paradigmatico: non più farmaci nuovi per una malattia nota, ma la confezione di malattie nuove per un farmaco dato. Sino a quel momento, la sofferenza psichica veniva prima organizzata in sindromi specifiche, e solo dopo si elaborava una terapia. Quando è cominciata la corsa da parte delle multinazionali farmaceutiche all’acquisizione di sempre nuove indicazioni terapeutiche per i loro prodotti, allo scopo di estendere il numero dei potenziali consumatori, i nevrotici sono spariti, sostituiti da vaste moltitudini di depressi. Questo perché non esistono farmaci antinevrotici, ma solo antidepressivi. Esistono gli ansiolitici, ma poiché le vendite sono in flessione in seguito all’offensiva degli antidepressivi, gli ansiosi sono in fase di rapida estinzione. Adesso tocca alla schizofrenia.
   Mentre la salute mentale si avvia verso una lenta e malinconica irrilevanza, una psichiatria rampante e carica di promesse provoca il collasso dei presidi territoriali, determinando l’infiltrazione di mille piccoli e invisibili manicomi nelle case di chi soffre.
   Il paradigma della schizofrenia, la psicosi del ’900, figlia illegittima della psichiatria kraepeliniana e della psicanalisi, agonizza sotto i colpi della lottizzazione di Big Pharma, che produrrà al computer mille molecole multiformi per i cento morbi gemmati dalle sue spoglie.

   In compenso risorge, incontrastato e pervasivo, il delirio di fine del mondo, nutrito dalla televisione, mediato dalla politica, coagulato dalla paura.

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