per l'europa

ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

home

Francis Jacques
Università della Sorbona

La filosofia concreta di Gerardo Marotta

In Italia, dal 1975, stiamo assistendo ad un fenomeno inaudito. Avviene a Napoli, la città di Giambattista Vico e di Benedetto Croce: “L’iniziativa personale di un avvocato ha dato vita ad un Istituto di Studi Filosofici che, in pochi anni, ha acquistato una dimensione che non ha confronti nel mondo intero”. Questo leggiamo nel libro La philosophie en Europe, severa opera di Raymond Klibansky e David Pears, nel capitolo dedicato all’Italia.
L’iniziativa di Gerardo Marotta si esplica attraverso corsi, dibattiti, seminari, per mezzo di audaci mostre ed edizioni critiche rigorose, in collane editoriali che hanno ricevuto oramai un ampio riconoscimento. Quest’impresa ci induce a pensare che decisamente l’Europa sopravviverà alle minaccia della futilità, che potrebbe concludere la nostra epoca con la perdita della memoria storica.
In Francia l’École des Hautes Études en Sciences Sociales e il Collège International de Philosophie, nella persona di Jacques Derrida, hanno stretto solidi legami con l’avvocato Marotta. Ma dobbiamo constatare che nessun istituto universitario parigino aveva fatto altrettanto. Ho quindi chiesto alla mia Università di non perdere quest’occasione.
È un fatto che senza dubbio Lei conosce caro avvocato: Paris III, Nouvelle Sorbonne, nata dall’antica Sorbona, privilegia la specificità dei suoi dipartimenti culturali, così come la necessaria apertura all’Europa, tra le sue priorità. È chiaro a tutti che non avremmo potuto fare una scelta migliore nel conferire la laurea honoris causa a Gerardo Marotta. Questo riconoscimento, come sottolineava Michel Plaisance, facendosi interprete del Dipartimento di Italianistica e del Centro di ricerche sul Rinascimento italiano di Paris III, “permetterebbe alla Sorbonne Nouvelle di allacciare solidi legami con l’Istituto e più ampiamente con tutta l’Italia”. Siamo quindi riconoscenti al Presidente e al Magnifico Rettore di aver aderito immediatamente a questa proposta che onora noi ancor più che il nuovo laureato.
Certamente altri sarebbero più qualificati di me a pronunciare il Suo elogio, caro Gerardo Marotta. Ma spetta a me il compito di presentarla ai miei colleghi che diventano ora anche i Suoi.
Lei, Gerardo Marotta, è nato a Napoli, il 26 aprile 1927, e Lei resterà per sempre un cittadino napoletano. Dopo gli studi giuridici nell’Università della sua città, discute una tesi di filosofia del diritto sulla concezione dello Stato nella filosofia classica. Siamo nel campo giuridico e in quello della filosofia politica. Ma il suo interesse si allarga rapidamente alla storia, alla letteratura e ad ogni espressione artistica. Dopo aver frequentato l’Istituto per gli Studi Storici fondato da Benedetto Croce, getta le basi dell’associazione Cultura nuova e nel 1975 fonda l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.
Vedo un bell’esempio di emulazione nella generosità con la quale fu dato l’immediato sostegno di Elena Croce, la figlia dell’eminente filosofo. Vedo anzi in questo gesto un’organica articolazione del programma stesso di Croce. Infatti il filosofo insisteva, e cito alcune frasi che precedono lo statuto del suo Istituto, sul fatto che: “nella preparazione universitaria agli studi storici, spesso si dà poco peso al rapporto fondamentale tra la storia e le discipline filosofiche che sole definiscono gl’ideali, i fini, i valori di cui la storia è chiamata precisamente a comprendere e raccontare la storia”.
Come Croce, Gerardo Marotta gode di uno stupefacente potere di assimilazione che gli permette di rendersi familiari le materie più diverse. Per Marotta, come per Croce, la filosofia è innanzi tutto una critica e una prospettiva di ciò che si va facendo. Ancor meglio, scorgo in loro un comune ispirarsi a Hegel e a Giambattista Vico. Lei ha il convincimento che la filosofia nasce dai problemi e dagli ostacoli che s’incontrano realmente nella ricerca, e non da quelli vanamente immaginati nel chiuso della propria stanza. Vi è poi quest’ardente difesa della libertà in Croce e in Marotta: una filosofia in cui la libertà viene concepita come storia della libertà, in cui la libertà è ciò che rinasce sempre dopo terribili prove, rinasce come criterio esplicativo per il passato e ideale morale per l’avvenire.
Si può ben immaginare come il presidente e fondatore dell’Istituto abbia ampliato la sfera delle sue iniziative con una crescente determinazione per creare una solida infrastruttura indispensabile al mantenimento e allargamento del patrimonio europeo. Oggi sono in molti coloro che considerano l’Istituto come un vero centro di rinascita intellettuale. Nel 1993, il rapporto UNESCO sottolineava che l’Istituto e la Scuola che ne fa parte hanno acquisito una dimensione di rinascita intellettuale che non ha pari nel mondo: “l’Istituto […] organizza corsi e colloqui ovunque nell’Europa occidentale, pubblica opere in sei lingue, antiche e moderne, contribuendo a fare della sua città una vera capitale culturale”.
L’Università di Urbino, l’Erasmus di Rotterdam, l’Università di Bielefeld hanno già reso omaggio alla rinomanza personale e all’ideale civile di Gerardo Marotta, ispirati dalla Napoli del XVIII secolo, nonché al suo genio dell’ospitalità. Per quanto mi riguarda, la sua opera civile, pedagogica e culturale suscita un’ammirazione tanto più sincera in quanto senza termini di paragone. Ho imparato a conoscerlo a Mosca, nel 1994, al Congresso mondiale della filosofia, quando venne letto, alla presenza di Gorbaciov, il suo appello in favore della filosofia, appello che fu lungamente, quasi interminabilmente, applaudito. Il suo coraggio e la sua rettitudine mi hanno conquistato. Leggerò alcuni passi di quest’appello nel corso della mia presentazione.
La sua idea di partenza era semplice, facile e dinamica: stimolare l’interesse dei giovani per l’eredità dell’immenso pensiero europeo allargando l’orizzonte critico delle conoscenze trasmesse. Quale formazione, quale paideia per un nuovo cittadino europeo? Noi, qui a Paris III ci stiamo ponendo la stessa domanda, noi che sistematicamente prepariamo l’apertura delle nostre discipline all’Europa. Ma, abbiamo anche compreso l’esempio e il soccorso che Lei potrà darci.
Richiamo l’attenzione dei miei colleghi di Paris III su un successo che gli amici presenti in questa sala conoscono bene: senza dispensare diplomi, ci si contenta di stimolare l’interesse per lo studio e la vocazione alla ricerca. Numerose borse di studio accordate a giovani ricercatori, una serie di corsi intensivi che sono assicurati da docenti invitati a presentare le loro ricerche per sottoporle a discussione; quest’organizzazione si rivela di notevole efficacia. In un anno, quasi 400 borsisti hanno partecipato ai corsi, si sono svolti circa 3000 seminari e negli ultimi dieci anni sono state stampate circa 500 pubblicazioni. Per più di trent’anni il fondatore dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha costituito nella sua dimora di via Calascione, prima sede dell’Istituto, una biblioteca filosofica unica nel suo genere: le più rare opere degl’illuministi europei fiancheggiano i testi classici che hanno posto le basi della nostra civiltà. Oggi il Palazzo Serra di Cassano è sede di un importante centro di ricerca post-universitaria, la Scuola di Studi Superiori di Napoli.
Vorrei darvi un’idea delle conferenze che l’Istituto organizza: 1983 a Tubinga: “Hegel e la Scienza”; 1984, École Pratique des Hautes Etudes a Parigi: “Prospettiva sull’età dell’Illuminismo”; 1985, a Francoforte: “Etica e morale”; 1986, a Rotterdam: “L’altro e il pensiero della differenza”; a Londra, al Warburg Institute: “Filosofia e Scienza”; a Cambridge, nel 1989, al Trinity College: “Hegel e i newtoniani”; nel 1990: “L’idea del socialismo ha un avvenire?”, colloquio che ha avuto luogo proprio qui alla Sorbona.
In questi progetti, così numerosi che non si riesce a tenerne il conto, vedo una triplice finalità.
In primo luogo l’esplorazione di un’eredità, l’indagine sui valori che fanno dell’Europa qualcosa di diverso dal mercato comune o di una specie di Zollverein. Ciò che colpisce è quest’orientamento risolutamente transnazionale che aderisce al recente sviluppo delle comunità europee. Vorrei far notare il titolo francese della rivista dell’Istituto: “Nouvelles de la République des Lettres”, in ricordo di Pierre Bayle. Questa prima finalità ispira la pubblicazione, nell’edizione Bibliopolis, di un gran numero di magnifici libri e, nello stesso tempo, è un programma pedagogico.
Vi è poi l’esplorazione innovatrice delle intertestualità nel rispetto delle discipline madri. Essa è adeguata alla dinamica intellettuale di oggi. Tutti siamo a conoscenza che in un’epoca di frammentazione del sapere, né le scienze, né le discipline umanistiche, né la filosofia antica, medievale e moderna possono trattare i problemi attuali, quelli che affrontiamo nell’era della tecnologia, nella prospettiva di un futuro che potrebbe essere apocalittico. Sono perfettamente d’accordo con Marotta: la filosofia è la sola che può apportare un contributo decisivo (federativo, dice Paul Ricoeur) alla delineazione di un comune orizzonte umano. Le problematiche delle varie discipline scavano solchi profondi, ma la riflessione filosofica scava ancora più profondamente perché essa vuole restituire il tipo di ricerca e i limiti interni di ogni pratica teorica, di ogni tipo di testo. A mio avviso, se essa interviene, interviene come teoria generale delle strutture interrogative, potentemente argomentata a profitto dell’unità dello spirito. Comunque questo co-orientamento è ciò che si rende necessario nel momento in cui il riunirsi di tutte le branche del sapere e della saggezza umana presuppone un minimo di accordo sull’avvenire che ci stiamo preparando. 
Infine, in queste condizioni, la formazione filosofica di una nuova spiritualità non poteva considerarsi un lusso ma un decisivo crocevia, dove le vie dell’avvenire si incontrano. 
Nei momenti di confusione è necessario riallacciarsi al fondamentale: se non al fondamento stesso, almeno a ciò che può dare un appiglio. Cito ora alcune frasi del famoso appello di Gerardo Marotta:
«Nonostante sia da tutti riconosciuta l’indifferibilità di un confronto razionale delle esperienze culturali del mondo, l’incontro tra le diverse civiltà è stato ed è segnato da un appiattimento dei costumi e delle forme espressive, oppure dalla perdita della memoria storica: piuttosto che le rispettive virtù, ciascuna civiltà scambia con le altre i difetti e gli aspetti deteriori.
In quel crogiuolo di civiltà che fu il mondo classico, è sorto un vitale e perpetuo alimento: la riflessione filosofica, un sapere che ha contraddistinto la nostra storia e a cui dobbiamo i tratti distintivi della nostra civiltà. Rivolgiamo dunque un appello a tutti i parlamenti e ai governi del mondo perché venga confermato, o introdotto a pieno titolo in tutte le scuole lo studio della filosofia nel suo corso storico e nella sua connessione con le scienze (...). In questa straordinaria e sconvolgente ora della storia, quando il termine “umanità” comincia ad assumere il significato di tutti gli uomini, vi è necessità di un orientamento civile, vi è necessità di filosofia». 
In quest’Università di Parigi III, caro Marotta, Lei troverà specialisti delle culture mediterranee occidentali e specialisti delle civiltà del Vicino e Medio Oriente. Oserei dire che anche noi offriamo una filosofia del dialogo, una logica e un’epistemologia della comunicazione, una filosofia del linguaggio e del testo (è la mia specialità, di me suo servitore): ciò non potrà che arricchire le Sue idee sul testo, l’opera, il libro. È tempo che Lei ci dia man forte. A onor del vero, in tutto ciò Lei ci precede. Non è forse vero che sulle questioni essenziali l’Istituto ha riacceso un fuoco di libera riflessione continua e di approfondimento dei saperi? 
Assicurare un immenso successo ad un Istituto di filosofia, con i tempi che corrono, è una necessità. Sì, bisognava farlo. E Lei, avvocato Marotta, Lei l’ha fatto. Non senza qualche felice paradosso.
Non mi soffermo su quel misto di entusiasmo inventivo e di impegno a lungo termine che caratterizza l’Avvocato, e su quella stupefacente alleanza di generosità teorica e di ingegnosità pratica: tutto ciò è stato notato già da lungo tempo da Marc Fumaroli. Sorvolo anche sul paradosso rappresentato da un’istituzione privata d’ispirazione effettivamente generosa, un’istituzione extra-universitaria in cui tanti eminenti universitari vengono a lavorare dai paesi più lontani. L’avvocato Marotta affronta il rischio di preparare edizioni antiche, ma ciò non gl’impedisce di usare le nuove tecnologie di comunicazione e di archiviazione per la grande biblioteca che sta edificando. Sì, egli è colui che risveglia, ma anche colui che scopre. Se incoraggia una collaborazione tra l’Istituto e l’Università di Clermont-Ferrand per pensare la Rivoluzione Francese attraverso lo specchio del Romanticismo europeo, se suggerisce a Nuccio Ordine la pubblicazione dei Discorsi del Tasso sull’arte del dialogo (con la collaborazione delle Belles Lettres), è perché non vi è nessuno che come lui sappia scoprire o far scoprire tesori nascosti. Lei, Avvocato, è naturalmente spinto verso la storia della filosofia e nello stesso tempo Lei chiede alla filosofia di inventare una prospettiva umana per le discipline di oggi. Tutti questi paradossi mi incantano.
Per Lei il dialogo non è la parte maledetta ma entra di diritto in ogni vera paideia. Lei suscita e coltiva il gusto entusiasta della formazione dell’Io, ma associandolo al confronto dialettico. Lei sa che il progresso nasce dalla collaborazione, come la mano con le sue cinque dita, e che ogni matrice culturale viene assunta in profondità in un processo di scambio con gli altri. Da sempre si è sondato l’antico primato del dialogo, secondo la bella espressione di Hans-Georg Gadamer, il segreto della sua fecondità. Io penso che sia il primato della relazione sigillata nella simpatia, quella simpatia che s’impadronisce dei partner, che li spinge al trapianto culturale, alla penetrazione reciproca e, a volte, all’innovazione congiunta; è essa che permette loro di accedere alla loro differenza, ma attraverso una differenziazione nella relazione stessa che li lega. Ora mi chiedo: questo primato della funzione chi poteva onorarlo, attraverso i suoi frutti, meglio di un uomo di simpatia che ha la generosità di mettere insieme relazioni creatrici? 
In questo ruolo io la riconosco facilmente, avvocato Marotta.
I riconoscimenti internazionali si sono susseguiti regolarmente, com’era giusto che fosse: non saprei enumerarli tutti. Il Premio della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la cultura nell’anno 1988, la medaglia d’oro della Presidenza della Repubblica Italiana per meriti culturali; il Diploma d’onore del Parlamento europeo conferito all’Istituto.
La presentazione delle pubblicazioni e delle riedizioni ha avuto luogo il 3 dicembre 1991 con un discorso introduttivo di Giorgio Salvini. Il primo volume delle Opere complete di Giordano Bruno è stato presentato il 26 gennaio 1993 all’Accademia dei Lincei a Roma con un discorso introduttivo di Michèle Gendreaux-Massaloux, e qualche mese dopo, il 16 marzo 1993, alla Sorbona con un discorso di Marc Fumaroli. Il testo è stato stabilito da Giovanni Aquilecchia e tutto l’apparato critico di quest’edizione delle Belles Lettres è stata l’opera di specialisti del Mezzogiorno d’Italia. Una coalizione di talenti tra Napoli e Parigi ha permesso di far conoscere alla capitale francese un grande classico. Il catalogo delle pubblicazioni 1977-1995 è stato presentato nell’esposizione “Vingt ans d’édition européenne” nel gennaio 1996, nella Cappella della Sorbona. Ed è stato là che, alla fine della cerimonia alla quale assistevo, quest’uomo minuto, dallo sguardo di fanciullo, mi ha preso per il braccio ed ha senza dubbio preso anche il mio cuore.

home