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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

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Antonio La Pergola
Presidente della Commissione Cultura del Parlamento Europeo

La Polis Europa

Il duplice appello dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici per la filosofia e la ricerca umanistica tocca le radici più profonde della nostra comune coscienza di europei. Il nostro Parlamento è chiamato a raccogliere le istanze della società civile. Qui ci troviamo di fronte ad un autorevole messaggio dal mondo della cultura. Non possiamo lasciarlo inascoltato.
L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici si rende interprete dell’esigenza che la nuova generazione, la futura classe dirigente, sia educata alla filosofia, al pensiero creativo, alla capacità di giudizio. Di qui anche il suo impegno nel promuovere una rinascita dell’umanesimo che possa vivificare ogni ramo della scienza e guidare lo sviluppo. L’uomo torna, imago Dei, al centro dell’universo quando riscopre il valore perenne della sua libertà e dignità, del suo diritto a governare la vita e a lasciare, com’è accaduto nelle stagioni più felici della nostra civiltà, il segno della sua opera nella storia.
L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ha saputo dare il primo impulso a questa mobilitazione degli uomini di cultura per rivisitare l’umanesimo. È un disegno di largo respiro. La sua concreta realizzazione passa necessariamente attraverso la scuola, ma resta in definitiva affidata al sostegno dell’opinione pubblica, al favore che meritano le proposte illuminate e che deve maturare anche qui, a Strasburgo, e nelle altre sedi delle istituzioni europee. L’appello, infatti, costituisce un importante contributo alla concezione di un’Europa che comincia finalmente coll’unirsi in aree diverse dal mercato e dall’economia.
L’istituto napoletano ha riacceso nella città di Vico e di Croce un punto focale dell’interesse alla diffusione del pensiero, alla riflessione sui temi centrali da cui non possiamo evadere. Guardiamo all’appello. La instancabile dedizione dell’Istituto napoletano alla causa del sapere, che desta l’ammirazione negli studiosi non importa di qual paese, è posto al servizio di una Weltanschauung che è anche saggezza politica. Diciamo di voler andare oltre il Mercato, verso l’unione promessa dal Trattato di Maastricht. La Comunità-Unione che viene dopo la Comunità-Mercato costituisce fin da ora un naturale polo d’attrazione per tutta l’Europa e si dispone ad accogliere come suoi componenti altre nazioni.
Chi si lascia ciecamente dirigere dalla logica dell’utile individuale non vede che il mercato deve svilupparsi in nuova e progrediente struttura della società europea formata con il cemento dei valori etici, storici e culturali. L’Unione sarà lo specchio dell’umanità che prepariamo: non un superstato che annienta le nostre identità nazionali, ma nemmeno una semplice lega fra sovrani, che non conosce l’individuo e ne ignora i bisogni ed i diritti. Al contrario: la scintilla dell’Unione scocca con il riconoscimento di una cittadinanza europea, affiancata a quella nazionale, e composta dai diritti economico-sociali, già menzionati dalla disciplina del mercato unico, ed insieme, beninteso, dai diritti politici e partecipativi ultimamente previsti dal Trattato di Maastricht.
La base della cittadinanza europea sta nella libertà di circolazione, che è, a sua volta, circolazione delle libertà, non solo di intrapresa ma anche di pensiero, diritto per ciascuno a fruire senza discriminazioni dello spazio europeo, anche nella propria formazione umana e professionale. Vi è così una polis in divenire, ordinata per la prima volta su scala sopranazionale, nella quale siamo tutti coinvolti. Sappiamo di doverla creare con il possesso di una nuova cittadinanza. Sarà una cerchia dell’esperienza politica nella quale, ancora una volta, può regnare la persona umana. E la conquista di un tale nuovo umanesimo ha la forza aggregante dei grandi moti spirituali che non conoscono frontiere.
La cittadinanza comune significa molte cose, ma comincia in ogni caso con il vivere, crescere ed educarsi insieme. La cultura umanistica è una preziosa scuola di conoscenza: unisce i popoli europei pur facendo fecondare la ricchezza e diversità delle culture nazionali. È un patrimonio comune che dobbiamo, però, saper rimettere a frutto. Può l’unione ospitare una vera Comunità europea della ricerca, della scienza che non sia semplice scientismo?
Nell’ottica della Comunità europea la ricerca è stata concepita come uno strumento che serve ad estendere le risorse tecnologiche, a migliorare la qualità dei prodotti, ad affilare le lame della concorrenza nel mercato. Ultimamente, però, si è aperta anche la prospettiva dei programmi diretti sotto più aspetti a promuovere la mobilità del corpo docente e degli studenti, cioè quella circolazione della cultura, che è il primo correttivo di una elezione grettamente mercantile dell’integrazione europea: ed abbiamo insistito perché a tali iniziative si uniscano i popoli fratelli dell’Est europeo. Il fatto è che si tratta di programmi ancora frammentari e privi di mezzi adeguati. Non c’è stato il colpo d’ala di una filosofia, appunto, della nostra comune cittadinanza culturale. Come diceva Erasmo, tuttavia, investire nella cultura è il segreto delle comunità più avvedute, la cui ricchezza non si appaga dell’oro sonante delle monete. Per questo vorrei, come Presidente della Commissione Cultura, esprimere il nostro concreto apprezzamento per l’iniziativa dell’Istituto napoletano. Il suo appello traccia la via maestra dell’europeismo più maturo.
Strasburgo, 22 giugno 1993

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