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Enrico Berti - "Contraddizione e dialettica negli antichi e nei moderni" (4/5)

Quarta lezione
Napoli, 18 giugno 1987
Contraddizione e dialettica in Hegel

Già nella Dissertazione per l’abilitazione all’insegnamento all’università di Jena (1801) Hegel aveva sostenuto la tesi rivoluzionaria “Contradictio est regula veri, non-contradictio falsi”. Per la prima volta veniva proclamata la necessità della contraddizione per la conoscenza della verità. Nella Differenza tra il sistema filosofico di Fichte e quello di Schelling Hegel giustifica la tesi della necessità della contraddizione e critica le filosofie di Kant e Fichte: mentre la riflessione (intelletto) ci offre una conoscenza astratta e contraddittoria, la speculazione (ragione) ci permette di cogliere il concreto, cioè l’assoluto, unificando e collegando tra loro le singole determinazioni e ricomponendo così l’unità dell’intero. Per Hegel la forma logica della proposizione è inadeguata a esprimere la verità, perché nel suo articolarsi in soggetto e predicato essa separa i due termini, li isola e pretende di unirli al tempo stesso per mezzo della copula ‘è’. L’inadeguatezza a esprimere il vero è attestata dai tradizionali principi logici di identità e di (non) contraddizione.
Hegel pensa tali principi non nella loro originaria formulazione aristotelica, bensì nella formulazione del Kant pre-critico, in cui il principio di identità (A=A), posto come principio delle verità di ragione, è pensato come principio di (non) contraddizione. Per poter determinare A devo predicare qualcosa di diverso da A, ad es. B (A=B) e questo sarebbe per l’intelletto contraddittorio: infatti, per pensare A nella sua concretezza dovrei porre a un tempo A=A e A=B (identità della identità e della non identità). Ma l’affermazione “A è B” è contraddittoria solo se si assume come principio di non contraddizione il puro principio di identità (Kant), perché in relazione all’autentico pensiero aristotelico “A è B” non è una contraddizione.
Hegel crede di ritrovare la sua stessa concezione della verità in Platone. Positivamente nel Timeo: nella proporzione analogica tra tre termini (A sta a B come B sta a C) gli opposti sono uniti dal termine medio. Negativamente nella seconda parte del Parmenide: le otto ipotesi distruggono le verità dell’intelletto e aprono lo spazio per la verità della ragione.
In Fede e sapere Hegel attacca la dottrina kantiana delle antinomie della ragione, interpretandola scetticamente: da un lato, riconosce che Kant ha dimostrato la necessità della contraddizione; dall’altro, lo accusa di «troppa tenerezza nei confronti delle cose del mondo», perché non solo il pensiero ma anche la realtà è contraddittoria.
Negli ultimi anni di Jena Hegel studia Aristotele: questo studio si mostra sia nel corso di Logica e Metafisica (1804-05), sia nel primo corso sulla Storia della filosofia (1805-06). Nella prima parte della Logica di Jena Hegel sposta il discorso sulla contraddizione dalle proposizioni ai concetti: i concetti sono in sé stessi contraddittori. Si pensi al “limite”: nel calcolo infinitesimale il limite è definito come grandezza infinitamente piccola: essa è quindi diversa da zero in quanto grandezza, ma è impossibile misurare tale differenza da zero, in quanto essa è infinitamente piccola: siamo dinanzi a una contraddizione. Per l’intelletto tale contraddizione è intollerabile. Ma questo è il suo limite. Al contrario, secondo Hegel, per conoscere la verità, l’intero, è necessario accettare la contraddizione: la ragione riesce a tenere insieme gli opposti in questo loro rapporto contraddittorio, supera la contraddizione e la risolve. Infatti l’Aufhebung non è rifiuto, ma accettazione, mantenimento dei contraddittori. Qui nasce e si sviluppa l'intera teoria hegeliana della dialettica.
Nelle Lezioni sulla storia della filosofia Hegel recupera in blocco la dialettica antica come dialettica della ragione, speculativa, a partire dai primi tentativi di Eraclito e Zenone fino a Proclo, passando per Platone e Aristotele.
Ora, conclude Berti, per la dialettica antica la dimostrazione si compie in virtù della contraddizione, ma in quanto tale la contraddizione deve essere tolta; per Hegel, al contrario, la contraddizione è necessaria e deve essere conservata, in quanto reale. Ma se la contraddizione è reale e addirittura necessaria, che ragione c'è per toglierla? Se essa può esistere anche per un solo istante, vuol dire che non c'è impedimento di natura logica alla sua esistenza. Ma allora dove va a finire la necessità del processo e il suo carattere dimostrativo? In effetti Hegel non ci offre mai nelle sue argomentazioni delle vere e proprio dimostrazioni. Piuttosto, la sua proposta segna il passaggio della filosofia da una struttura dimostrativa (che aveva sempre preteso di avere) a una forma quasi narrativa o addirittura, come nel caso del marxismo, attiva, rivoluzionaria.

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    Contributi di R. Bodei, C. Cesa, L. Lugarini, G. Marini, V. Mathieu, L. Sichirollo, V. Verra
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    Contributi  di P. Aubenque, M. Baum, E. Berti, H. Boeder, R. Bubner, H. Buchner, K.
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  • Leo Lugarini, Orizzonti hegeliani di comprensione dell’essere. Rileggendo la “Scienza della logica”, Guerini e Associati, Milano 1998
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    Contributi di G. Baptist, F. Biasutti, M. Bienenstock, L. Bignami, G. Bonacina, R. Bonito Oliva, G. Cacciatore, G. Cantillo, A. Carrano, F. Ciaramelli, M. D’Abbiero, E. D’Antuono, S. Dellavalle, C. De Pascale, F. Duque, L. Fonnesu, G. Gerard, V. Gessa-Kurotschka, A. Giugliano, M. Giungati, M. Ivaldo, W. Jaeschke, P. Kobau, V. Lopez-Dominguez, F. Menegoni, A. Nuzzo, F. Oncina Coves, G. Pinna, V. Pinto, G. Rametta, F.S. Trincia, P. Valenza, G. Varnier, V. Verra, J.L. Villacanas, N. Waszek.
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  • Alberto Burgio (a cura di), Dialettica. Tradizioni, problemi, sviluppi, Quodlibet, Macerata 2007
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