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Giulio Carlo Argan - Michelangelo (1/3)

Prima lezione
Napoli, 1° febbraio 1988
Michelangelo e l’arte figurativa

La lezione riassume e precisa il panorama storico-artistico e filosofico-religioso in cui si inserisce l’opera di Michelangelo. Obiettivo di Argan è mostrare come il dipinto del Giudizio Universale, posteriore alla realizzazione della Sistina ed inframmezzato dalla dichiarazione delle tesi luterane, costituisca un intervento personale, profondo e decisivo, nell’orizzonte dei problemi di politica culturale caratteristici dell’Italia Quattro-Cinquecentesca. Di formazione neoplatonica, cresciuto alla corte di Lorenzo il Magnifico, nel confronto con il nascente Umanesimo e con il motivo dantesco della «visione», Michelangelo passa, con la rappresentazione dell’evento del Giudizio, dalla visio intellectualis della volta della cappella ad una “prassi” trascendentale e religiosa da considerarsi alla base del manierismo dell’artista. Lo storico e critico d’arte conclude la sua esposizione circa la figuratività di Michelangelo soffermandosi ad analizzare la contrapposizione tra l’umanità ideologicamente potente della volta della Sistina e la carnalità trionfante attraverso lo spessore del colore nel Giudizio.

  • Francesco Fiorentino, Umanesimo e Rinascimento in Italia, La scuola di Pitagora, Napoli 2008
  • Luigi Firpo, Scritti sulla Riforma in Italia, introd. di Giorgio Spini, Prismi, Napoli 1996

Michelangelo vs Leonardo

Quando andò di moda (e la moda non è ancora caduta) la critica sociologica per cui tutti erano alla ricerca dei committenti (di coloro che avevano scritto i programmi per gli artisti) io, all’epoca, insegnavo e i miei studenti mi dicevano: «Vogliamo studiare per chi Raffaello, Michelangelo, Piero della Francesca, etc., abbia dipinto o scolpito quell’opera». Io ricordo che dicevo loro: «Guardate, la cosa più importante non è sapere per chi è stata fatta quell’opera, ma contro chi è stata fatta». Bene, la Sistina è stata fatta contro Leonardo. Non per una rivalità di mestiere, ma come contrapposizione di una filosofia ad una filosofia diametralmente opposta, com’era quella di Michelangelo. La sua era infatti una filosofia scettica, una filosofia per cui il miracolo si chiamava fenomeno, per cui l’analisi della natura era rivelatrice. Michelangelo non voleva penetrare nulla, voleva sorvolare, superare tutto; erano due filosofie completamente opposte. Ebbene, c’era anche un altro motivo, o meglio, altri due motivi. Uno era il fatto che Leonardo aveva abbandonato Firenze proprio per disgusto di quella filosofia neoplatonica, che era la filosofia in cui si era formato Michelangelo (bisogna tenere a mente che Leonardo aveva 23 anni più di Michelangelo); l’altro motivo lo dice il Vasari, di passaggio: «Leonardo derideva Michelangelo perché Michelangelo leggeva Dante, sapeva tutto di Dante, non faceva che citare Dante». Ora, Dante è il poeta che ha instaurato come forma tipica del pensiero religioso (e non solo religioso) del nascente Umanesimo, il concetto di “visione”. La Divina Commedia è, tutti lo sanno, una visione. Da quel momento la ricerca del valore della visione passa attraverso Petrarca, attraverso Boccaccio, attraverso l’Alberti sino a Botticelli e, da quest’ultimo, a Michelangelo

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