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ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

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Michèle Gendreau-Massaloux
Agence universitarie pour la francophonie

Un luogo filosofico

Nessun luogo del mondo è un semplice punto su una carta. È invece una entità legata a una memoria, a una storia, a un’agire nel mondo. Tardivamente – perché, per la mia formazione ero piuttosto sensibile alla dimensione filosofica e letteraria delle scienze umane - ho scoperto l’importanza, che la nuova geografia ha valorizzato, dell’ecumene, “dimora dell’essenza dell’umano” - come ha scritto Augustin Berque -, cioè del luogo concepito non solo come uno spazio rappresentabile su una carta (topos), ma anche come luogo esistenziale (chora), luogo che esprime la relazione tra l’uomo e il suo territorio; detto in altri termini: la “geograficità” dell’essere. In questo senso, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, in via Monte di Dio a Napoli, non è solamente un segno di riferimento sulla pianta di una città: esso è anche un sito che è stato formato da coloro che lo hanno abitato e che a sua volta li ha formati. Ma esso è, ancor più, un luogo filosofico, recettore e produttore di filosofia ad un tempo, ed è per questo che da lungo tempo l’università, nel mondo intero, presta grande attenzione a questo luogo.
Io vorrei, a mia volta, rendere omaggio a questo luogo, a questa istituzione, nella persona del suo Presidente, l’avvocato Gerardo Marotta; vorrei rendere omaggio a questo progetto che è un impegno di vita. Il Palazzo Serra di Cassano è il simbolo di tutta una famiglia, quella di quel giovane che fu falciato nel fiore degli anni dalla controrivoluzione a Napoli. Tuttavia, al di là di questa figura stendhaliana, il luogo illustra anche l’eredità intellettuale che Napoli ha ricevuto dalla Magna Grecia: l’avvocato Marotta non ha mai mancato, con le mostre, i convegni e le opere collettive che ha concepito e realizzato, di rendere attuale la solidarietà che lega Napoli alle correnti filosofiche e culturali che hanno animato lo spazio mediterraneo a partire dall’antichità. Tra Oriente e Occidente, punto di incrocio di visioni del mondo, Napoli ha fatto emergere famiglie d’esprit, delle quali l’avvocato è un testimone che le incarna e le illustra alla sua maniera. Dopo la Magna Grecia e la Romanità, il secolo dei Lumi ha trovato la città, che dialogava con gli inglesi, con Montesquieu, con gli Enciclopedisti, pronta ad accogliere l’eredità della Rivoluzione francese. Essa ha conosciuto, da quel periodo, tumulti e guerre. I lutti e le tragedie che l’hanno colpita non sono estranei, senza dubbio, a quel desiderio di pace che Gerardo Marotta porta nel cuore, a quell’appello per la pace di cui egli è uno dei fervidi promotori. Quel che egli rappresenta simbolicamente, attraverso l’istituzione per la quale ci siamo oggi riuniti, è la tradizione delle famiglie che diedero lustro a Napoli nel diciottesimo secolo – i Filangieri, i Pagano – e nel diciannovesimo nella scia di Hegel, De Sanctis, Spaventa. Insomma, è la riflessione filosofica e politica che, dopo Marx ed Engels, attraverso i loro mediatori italiani e in particolare Antonio Labriola, ha impresso nella città una traccia che l’Avvocato a saputo rendere fertile partecipandola agli studenti che a lui si avvicinano.
L’Istituto è un luogo, certamente, ma un luogo che, secondo un altro filosofo ammiratore dell’avvocato Marotta, non è soltanto il ricettacolo di una memoria intellettuale. Nel corso dell’omaggio che alcuni filosofi – tra cui Paul Ricoeur – resero all’avvocato Gerardo Marotta in occasione della laurea honoris causa alla Sorbona, nel 1996, Jacques Derrida richiamò l’attenzione sul fatto che i conducenti di taxi, ai quali, giungendo a Napoli, si rivolgeva per andare all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, sapevano sempre come arrivarci. Essi sanno – diceva Derrida– non dove, ma da chi condurvi, perché quest’asilo, questo santuario della filosofia, è innanzitutto una casa, la sua casa. Da lui si è come a casa propria; egli vi accoglie con quella ospitalità che non è solamente una caratteristica di Napoli, ma è anche un suo personale talento.
Questo luogo è anche più che casa sua, anche più che un semplice asilo privato: è una istituzione. Per chi ha potuto esaminare da presso il funzionamento delle università in Europa, l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici rappresenta una istituzione insostituibile, che occupa un posto particolare. Esso svolge un ruolo complementare all’università, in particolare per un lavoro editoriale che raramente viene svolto con altrettanto fervore nelle sedi universitarie. Basti considerare, ad esempio, la traduzione in francese delle opere di Giordano Bruno, in corso da diversi anni in collaborazione con Les Belles Lettres, oppure le numerose manifestazioni organizzate dall’Istituto, l’assegnazione di borse di ricerca, le traduzioni, per comprendere che l’Istituto è uno di quei rari luoghi nel mondo, talvolta creati contro l’università – penso al Collège de France -, talvolta concepiti come mezzi di resistenza intellettuale e di libertà in margine alla scienza ufficiale – penso all’Accademia dei Lincei -, dove la ricerca svolge un ruolo di pilastro ed è testimonianza di un duplice rifiuto. Là essa si oppone al razionalismo tecnicistico che vorrebbe ridurre le discipline a settori chiusi su se stessi, e nello stesso tempo al modello di logica mercantile che talvolta degrada l’insegnamento superiore e la ricerca a beni che si scambiano e si vendono. Questa resistenza apre il campo della creatività: se vi è in Europa, nel settore delle scienze umane, una incessante circolazione di pensiero dai più anziani ai più giovani, per la quale i primi porgono il testimone ai secondi, che li ascoltano e poi inventano il loro cammino, se c’e tutto questo, lo dobbiamo all’Istituto.
Questa istituzione ci dà la forza per opporre una smentita alla fosca previsione di un Gérard Granel, che ha intravisto una fine “americana” dell’Europa, un destino metafisico-scientista della logicità, vale a dire una fatale estinzione, nell’orizzonte del nostro avvenire, della luce in cui si riverbera la limpidezza del giorno greco.
Al servizio di una istituzione unica nel suo genere, l’Avvocato ha fatto nascere, animando quel luogo, un progetto che è diventato l’impegno di una vita.
Numerosi esperti meditano oggi sul futuro dell’Europa. Essi si sforzano di sostenere che questa Europa, al di là della memoria dei genocidi, dei delitti razziali e delle derive totalitarie che l’hanno attraversata, incarni un insieme di valori comunicabili da un popolo all’altro, in nome di una forma di ragione aperta alle differenze. Questo ideale non sarebbe che un sogno senza il progetto dell’Istituto, che è ad un tempo filosofico e politico, e soprattutto contemporaneo. La memoria responsabile, la coscienza delle ambivalenze del nostro logos hanno creato, grazie all’Avvocato, in un luogo che si identifica con lui, una istituzione che si innalza contro il ripiegamento nel particolare che incombe dappertutto, una istituzione che resiste ad ogni omologazione e che contribuisce a fare delle differenze dell’Europa il principio stesso della sua unità.
Caro Avvocato, i sogni sono più belli quando diventano realtà. Lei ha fatto, del sogno dell’Europa della cultura, la realtà dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. I sogni non hanno futuro, l’Istituto sicuramente sì.

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