Diario della crisi

È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? Per dare voce all'esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta? Per restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare? Proviamo a trovare insieme queste parole.

Franco Gallo - Tra Newton e Asimov: rischi antiemancipativi e confinamento sociale

22 aprile 2020

 

Tra Newton e Asimov: rischi antiemancipativi e confinamento sociale1

Le recenti misure di salute pubblica, per quanto nuove quali pratiche alla gran parte delle attuali generazioni, non sono, come sappiamo, necessariamente così originali. Nella stampa anglosassone di questo periodo viene spesso menzionata la circostanza per cui il famoso year of wonders nel quale il giovane Newton formulò le proprie tesi sulla gravitazione universale e scoprì i fondamenti del calcolo differenziale e integrale avvenne contestualmente al grave periodo epidemico nel quale Newton fu costretto a lasciare Cambridge, come tutti gli altri appartenenti alla comunità universitaria, a causa dell'emergenza data dalla Great Plague - una turbolenta peste bubbonica che, tra l'altro, uccise fino a un quarto dei Londinesi2.

Ricordando i fatti, l'autorevole Washington Post3 suggerisce quindi che questo attuale contesto di isolamento e distanziamento possa rappresentare un'opportunità di utilizzo finalizzato del tempo e di attenzione specifica ai temi di proprio autentico e vero interesse.

L'ideologia pubblica dell'empowerment dell'individuo nella società della conoscenza, anche se condivide con altre tradizioni alcuni elementi di una prospettiva desiderabile di emancipazione, ricorre in contesti come gli attuali a una strategia argomentativa che enfatizza adultità, responsabilità e capacità di ottimizzazione e governo del tempo da parte del singolo. Conosciamo i punti alti in cui nasce questa rappresentazione, e vale la pena ricordarne uno: il famoso passaggio dei Libri della Famiglia dove Giannozzo ammaestra i figlioli sulle tre proprietà dell'uomo: i moti dell'animo, il corpo e il tempo4.

Se “queste mani” e “questi occhi” sono meno a me intrinseci del tempo, allora non è illogico immaginare che, nonostante le limitazioni che lo strumento del corpo subisce in questo periodo di confinamento e coazione sociale, vi sia tuttavia opportunità per incanalare produttivamente i moti dell'animo e, come i pescatori in Arno, discendere il fiume del tempo non soltanto facendocene trascinare, ma anche facendone buon uso. Un uso, si intende, orientato a moltiplicare le facoltà di flessibilizzazione, duttilità adattativa e capacità operativa della persona: è questo, d'altronde, il traguardo formativo-pedagogico che esplicitamente gli stati membri dell'Unione Europea patrocinano da anni e che trova riscontro nella prospettiva pedagogica della promozione delle competenze e dell'abilitazione della persona all'autoapprendimento.

Mentre chi scrive è convinto della centralità di questa prospettiva in vista di una necessaria demitizzazione della tradizione, del canone e dell'idea di cultura che purtroppo si diffonde sempre più nel quadro dell'industria del capitalismo estetico5, meno convincente è la tesi che questa prospettiva di elaborazione del sé sia veramente funzionale a conservare il nostro potenziale di autoespressione emancipativa nelle circostanze del capitalismo così come lo conosciamo6, in sostanza della forma sistemica sociale che presiede alla riproduzione della nostra vita.

Proprio le circostanze presenti, pare a chi scrive, lo confermano con particolare enfasi. Mentre la nostra società vede la propria autopoiesi messa in discussione da uno specifico fattore di origine ambientale7 (come tale intrinsecamente capace di portare il caos e minare l'omeostasi sociale), non c'è dubbio che la gestione di quanto accade sia fortemente condizionata dal presupposto (che a seconda dei punti di vista potrà apparire ideologico oppure valoriale) di dover operare nel quadro del mantenimento dei fondamenti del modello di distribuzione e accumulazione brutalmente disegualitario che rimane centrale come assetto economico-politico.

Ci muoviamo così lontano sia da soluzioni tecnocratiche vere e proprie, non potendo queste completarsi né nel senso della restrizione massimizzata dello spazio di movimento e azione degli individui, né in quello di una riorganizzazione dello spazio economico e produttivo funzionale alla sistemica prevenzione dell'elemento perturbante di origine ambientale che si è manifestato (tale dovrebbe essere, per logica, l'operazione di ingegneria sociale conseguente). 

Tanto meno sembrano operare adeguatamente le soluzioni intrinsecamente politiche. Certo non si possono chiamare tali quelle che a seconda degli interlocutori privilegiano la sovranità economica oppure la più che ragionevole preoccupazione della complessiva tenuta intergenerazionale del sistema del debito pubblico, ma che convergono su un solo punto focale, cioè la sottrazione di risorse di coloro che ancora non ci sono per difendere le posizioni di coloro che ci sono già. E che questa sia un'altra esternalità che ipoteca il futuro, così come quella dell'erosione dell'equilibrio ambientale, sembra fuori di ogni dubbio.

Si può, a questo punto, proporre un ulteriore paragone per una riflessione etica conclusiva. 

Forse un certo numero di lettori, famigliari con la narrativa fantascientifica, si è ricordato in questo periodo (oltre che delle meraviglie newtoniane) del romanzo di Isaac Asimov Il sole nudo8. Esso si svolge quasi completamente su Solaria, un pianeta colonizzato da un gruppo di esseri umani che hanno sviluppato in modo estremo uno stile di vita individualistico. Le relazioni interpersonali avvengono mediante interfacce virtuali ologrammatiche in 3D; le procreazioni sono frutto di contatti assolutamente preventivati e isolati e di successivi trattamenti eugenetici; stare di persona faccia a faccia costituisce, in quel contesto sociale, una scorrettezza imperdonabile. Questa società è numericamente esigua, opulenta, sostenuta da un macchinismo evoluto e dall'impiego su larga scala dell'intelligenza artificiale.

I fatti recenti propongono qualche possibilità di riflessione sul modello sociale ipotizzato da Asimov. La fuga su altri pianeti di un gruppo evoluto di avventurosi individualisti e la loro ricerca di una condizione postumana sembrano facilmente assimilabili alla segregazione sociale di piccoli gruppi di esseri umani, socioeconomicamente dotati, che si afferma come life style di tendenza, osservabile, imitabile, ma molto difficilmente emulabile in concreto o raggiungibile. E di fatto, spesso, già elettivamente segregato nelle gated town delle élite.

Le pressioni eugenetiche e le pratiche che demandano l'onere della gravidanza sono altrettanto riconoscibili nel nostro quadro sociale, e testimoniano a loro volta l'affermarsi di identità che vivono la propria esperienza sotto il quadro dominante della persistente disponibilità del corpo (e del tempo) per l'estrinsecazione di un modello di godimento di sé che non accetta limiti né si riconnette a vincoli naturali di sorta9.

La natura virtuale delle relazioni sociali rimane ancora ad uno stadio meno evoluto di quello ipotizzato da Asimov: mentre lo scrittore statunitense immagina soprattutto contatti bilaterali, l'attuale sistema delle relazioni sociali, nonostante qualche tendenza alla costruzione di interfacce analoghe (per esempio alcune funzioni di Second Life, che sembra già appartenere all'archeologia dell'informatica sociale), si muove più verso il rinforzo dell'interazione di gregge con modelli fortemente gregari e partecipativi.

Proprio questo periodo, però, sembra possa risultare decisivo per il passaggio da semplici esperienze di interazione a distanza a un vero e proprio nuovo Metaverse10: in modo che l'esito della disgregazione sociale che questi frangenti stanno producendo si possa tradurre in una libertà virtuale sempre più grande ed equiestesa al mondo reale per chi partecipi al (selettivo) campo di nuove esperienze in via di realizzazione, e in una libertà concreta (di movimento, consumo, lavoro etc.) sempre meno accentuata per ampie masse dequalificate che diventeranno terminali di esperienze preconfezionate da consumare sotto il controllo di app onnipresenti.

Tutte queste osservazioni sono finalizzate a chiederci se e come l'attuale esperienza di riduzione forzata dei processi sociali accelererà le tendenze asociali e antisociali della nostra epoca in direzioni analoghe a quelle immaginate da tanta science fiction. E quanto questa esperienza potrà, altresì, contribuire ulteriormente a produrre elementi di modernizzazione antiemancipativa e a farli interiorizzare a molti di noi.

Non c'è infatti alcun dubbio che la chiusura attuale delle connessioni sociali divide in modo molto netto l'esperienza di chi abbia a disposizione beni e strumenti d'uso e consumo cospicui da coloro che ne sono meno dotati. È anche probabile che la continuità di sviluppo del sistema delle relazioni creative proprie delle élite possa accelerare, nel periodo attuale, se non in velocità assoluta, in velocità relativa rispetto alla capacità di combinazione e rapporto dei soggetti meno qualificati o economicamente dotati.

Non si può escludere che il gap tra le élite e le masse aumenti fino al punto in cui la proponibilità di un life style emulabile, chiave ideologica del modello tardocapitalistico di libertà, diventi impossibile e che quindi il sistema della comunicazione sociale, nel prossimo futuro, ridimensioni la centralità del divismo, degli influenzatori, delle tendenze e delle mode. 

Può essere che la riscoperta gioiosa del gregariato autentico, quello dei corpi (che si verificherà plausibilmente per un'ovvia resipiscenza arcaistica al termine della presente e ormai certamente lunga crisi mondiale), comporti una parallela rivalutazione della prossimità (altro tema, come molti lettori sanno, del romanzo di Asimov), piuttosto che un'ulteriore accelerazione della tendenza all'evasione immaginaria e alla costruzione di simulacri del sé.

La speranza più ovvia sarebbe quella di vedere affermarsi un diffuso principio solidaristico di responsabilità come interiorizzazione e transfer di quegli atteggiamenti di ottemperanza e rispetto, valorialmente motivati nella coscienza soggettiva11, che tanti stanno assumendo. La domanda cardine, al proposito, è se al rientro dall'attuale stato eccezionale molti non si troveranno così immiseriti e diseredati da essere costretti a scegliere tra un consapevole nuovo orientamento prosociale e altri comportamenti funzionali alle problematiche quotidiane, che potrebbero essere persino obbligati.

Ciò per dire che, onde evitare che i due distinti sistemi (per restare ad Asimov: Solaria e la vecchia Terra, l'individualismo elitistico e il collettivismo del controllo) si trovino a convivere nel prossimo futuro come stratificazioni sociali tendenti a una reciproca impermeabilità, sarebbe essenziale costruire proprio in questo periodo un progetto politico che ridefinisca un ideale di libertà più responsabile, espressivo ed espansivo di quello acquisitivo, la cui praticabilità in futuro potrebbe essere molto più incerta, ma anche di quello dell'espressione estetico-immaginaria, che trova alla propria radice comunque la disponibilità concreta del corpo proprio e del suo inscenamento e mobilitazione.

Se infatti è vero che nel passato alcune grandi crisi di sistema hanno poi dato luogo a periodi di forte espansione dell'energia acquisitiva individualistica, è probabile che invece le accresciute capacità di controllo e contenimento del nostro tempo, che interessano non solo le grandi democrazie ma anche miliardi di individui inquadrati in contesti politici diversi e certamente più gregarizzati, limiteranno il crollo del sistema socioeconomico e lo riorganizzeranno dall'alto attraverso meccanismi che, a differenza del passato, ipotecheranno in modo decisivo le risorse delle generazioni future.

In altre parole, la crisi attuale potrebbe richiedere non soltanto azioni più adeguate a puntellare il nostro sistema socioeconomico, ma anche una smagata considerazione della sua fragilità e ingovernabilità diffusa dal punto di vista sia tecnocratico sua politico, una revisione di alcuni suoi fondamenti valoriali e ideologici, perché forse il futuro non ne garantisce più la sostenibilità. Non parlo soltanto dei limiti del meccanismo produttivo del “capitalismo così come lo conosciamo”.

Un periodo prolungato di crisi epidemiologica, che alimenti politiche diffuse di contenimento mediante social distancing, avrebbe in effetti la conseguenza non soltanto di depauperare il sistema reale della produzione, non sufficientemente trasferito alle molte potenzialità non impiegate della meccanizzazione, ma anche di isterilire il consumo di segni e di immaginario che confusamente costituisce, comunque lo si giudichi, l'aspetto percepibile dell'esigenza di riconoscimento e di emancipazione della persona. L'attuale ampio trend di crescita del gaming online, assestato sull'intrattenimento di bassa qualità oppure sull'apertura di specifiche sezioni free di titoli di altro profilo, sta in effetti per molti già ridimensionando l'uso di Internet sempre più verso contesti ludici e/o seriali, dove il consumo (comunque sia) ha la meglio sullo user-generated content.

Non che quest'ultimo sia immune da intrinseci e spesso enormi deficit. E tuttavia il segnale forte (un Metaverse pienamente articolato, economicamente e psicologicamente profittevole, per un'élite autosegregata; una rete di linguaggi ridondanti ed esperienze preconfezionate per gli altri) sembra già essere stato inviato.

O forse aveva ragione un altro libro a suo modo profetico12, e la progressiva deriva verso la virtualizzazione delle vite di tutti ha come effetto la contaminazione del nostro universo simbolico ed espressivo da parte di un sistema di trattamento dell'informazione che diventa, altro virus qual è, parassita ben presto dominante del nostro mondo mentale.

La reazione unica possibile è quella perché la riappropriazione umana degli spazi, prossima o più distante, sia accompagnata da una redistribuzione delle risorse e delle opportunità. Misura, riteniamo, non solo politicamente e tecnocraticamente giustificata, ma anche, in termini morali, fondamentale perché altrimenti, proprio in questo periodo, chi potrà usare efficacemente il tempo (e il corpo e l'animo, per stare con L.B. Alberti) si doterà di un ulteriore vantaggio competitivo nel quadro sociale che verrà a ricostituirsi; e potrà anche illudersi, effetto ideologico certo anche se non intrinsecamente disordine morale, di accedere con merito a prossime, certissime, partite di distribuzione ancora più disegualitaria.

 

1
 Il nucleo originario di questo testo deriva da un intervento dal titolo Da 
Asimov a oggi: riflessioni su un parallelismo, a https://www.cremascolta.it/saggio/da-asimov-a-oggi-riflessioni-su-un-parallelismo/ (pubblicato il 05.04.2020). Si ringrazia la redazione di Cremascolta per il consenso al reimpiego.
2 Per una trattazione cfr. per esempio S. Porter,  The Great Plague of London. Amberley Publishing, Stroud, Gloucestershire, 2009. pp. 29-60; su Newton cfr. pp. 129-130.
3 
Cfr. https://www.washingtonpost.com/history/2020/03/12/during-pandemic-isaac-newton-had-work-home-too-he-used-time-wisely/ (consultato il 25.03.2020; link dietro paywall).
4 Cfr. L. B. Alberti, Libri della famiglia, Einaudi, 1994, pp. 178-179: “GIANNOZZO Ma per dirti brieve, tre cose sono quelle le quali uomo può chiamare sue proprie, e sono in tanto che dal primo dí che tu venisti in luce la natura te le diede con questa libertà, che tu l’adoperi e bene e male quanto a te pare e piace, e comandò la natura a quelle sempre stiano pressoti, né mai persino all’ultimo dí si dipartano di sieme da te. L’una di queste sappi ch’ell’è quello mutamento d’animo col quale noi appetiamo e ci cruciamo tra noi. Voglia la fortuna o no, pure sta in noi. L’altro vedi ch’egli è il corpo. Questo la natura l’ha subietto come strumento, come uno carriuolo sul quale si muova l’anima, e comandògli la natura mai patisse ubidire ad altri che all’anima propria. Cosí si vede in qualunque animale si sia rinchiuso e subietto ad altri, mai requia per liberarsi e rendersi proprio a sé, per adoperare sue alie o piè e altri membri non a posta d’altri, ma con sua libertà, a sua voglia. Fugge la natura avere il corpo non in balia dell’anima, e sopra tutti l’uomo naturalmente ama libertà, ama vivere a sé stessi, ama essere suo. E questo si truova essere generale appetito in tutti e’ mortali. Adunque queste due, l’animo e il corpo, sono nostre. LIONARDO La terza quale sarà? GIANNOZZO Ha! Cosa preziosissima. Non tanto sono mie queste mani e questi occhi. LIONARDO Maraviglia! Che cosa sia questa? GIANNOZZO Non si può legare, non diminuirla; non in modo alcuno può quella essere non tua, pure che tu la voglia essere tua. LIONARDO E a mia posta sarà d’altrui? GIANNOZZO E quando vorrai sarà non tua. El tempo, Lionardo mio, el tempo, figliuoli miei. LIONARDO Bene dite il vero, ma non mi venia in mente possedere cosa alcuna, quale io non potessi transferire in altrui. Anzi mi parea tutte l’operazioni dell’animo mio potélle dare ad altri per modo che piú non fossino mie: amare, odiare, e a persuasione d’altrui commuovermi, e a volontà d’altrui volere, non volere, ridere e piagnere. GIANNOZZO Se tu avessi te in una barchetta e navigassi alla seconda per mezzo del nostro fiume Arno, e, come alcuna volta a’ pescatori acade, avessi le mani e il viso tinti e infangati, non sarebbe tua quella acqua tutta, ove tu la adoperassi in lavarti e mondarti? Vero? Cosí, se tu non la adoperassi… LIONARDO Certo non sarebbe mia. GIANNOZZO Cosí proprio interviene del tempo. S’egli è chi l’adoperi in lavarsi il sucidume e fango quale a noi tiene l’ingegno e lo intelletto immundo, quale sono l’ignoranza e le laide volontà e’ brutti appetiti, e adoperi il tempo in imparare, pensare ed essercitare cose lodevoli, costui fa il tempo essere suo proprio; e chi lascia transcorrere l’una ora doppo l’altra oziosa sanza alcuno onesto essercizio, costui certo le perde. Perdesi adunque il tempo nollo adoperando, e di colui sarà il tempo che saprà adoperarlo”.
5 
Cfr. G. Lipovetsky-J.Serroy, L'estetizzazione del mondo. Vivere nell'epoca del capitalismo artistico, Sellerio, Palermo, 2017.
6 
Per il concetto cfr. A. Micocci, The Metaphysics of Capitalism, Lexington Books, Lanham (MD)-Plymouth, 2009, pp. 10 ss..
7 Assumo i concetti di società e ambiente nella prospettiva di N. Luhmann.
8 Asimov, Il sole nudo, Mondadori, Milano, 1986 (ed. orig., 1957).
9 
Senza negare peraltro che i fatti che in sé astrattamente ne conseguono (nascite di bambini e loro successiva cura ed educazione) non sono come tali riprovevoli; e che anche questo elemento andrebbe spassionatamente considerato.
10 Cfr. l'ampia trattazione di uno specialista del tema, M. Ball, a 
https://www.matthewball.vc/all/themetaverse (consultato il 07.04.2020).
11 
Anche se, come ovvio, non immuni dalla critica delle loro radici ideologiche.
12 N. Stephenson, Snow Crash, Rizzoli, Milano, 2007 (ed. originale 1995).

 

Letto 2488 volte