Diario della crisi

È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? Per dare voce all'esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta? Per restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare? Proviamo a trovare insieme queste parole.

Gaetano Manfredi - Il futuro dell'università

 
Intervista di Luigi Scarano a Gaetano Manfredi
 

4 giugno 2020

 

 

Riproduciamo qui l'intervista che Luigi Scarano ha realizzato per il Giornale online della Scuola di giornalismo dell'Università Cattolica di Milano

 

https://www.magzine.it/il-futuro-delluniversita-secondo-il-ministro-gaetano-manfredi/

 

Il futuro dell'università

Intervista al Ministro Gaetano Manfredi

 

Un’università più votata al digitale, ma senza snaturare il suo essere un’istituzione storica, più connessa al territorio, ma anche alla rete. Questa è la ricetta che il Ministro dell’università e della ricerca Gaetano Manfredi ha in mente per traghettare l’istruzione accademica oltre la crisi del coronavirus. Il Decreto Rilancio stanzia 1,4 miliardi per l’università, fondi destinati a limitare il digital divide, ma soprattutto a garantire un diritto allo studio uguale per tutti, a prescindere dal reddito.

Ministro Manfredi, quando si potrà tornare in aula e quale università dovremo aspettarci nel futuro?

Il nostro obiettivo è riprendere a settembre con le lezioni frontali. Ovviamente bisognerà tener conto del distanziamento, e ogni ateneo si sta organizzando in base alle proprie esigenze. In molti casi probabilmente ci sarà una turnazione, oppure un allungamento degli orari di lezione. In alcune università, già da luglio, esami e lauree saranno in presenza.

È tornato spesso sul tema della didattica mista. È un punto di non ritorno?

Non credo che sia necessario dire addio al mondo che abbiamo conosciuto, però le tecnologie rappresentano uno strumento di innovazione didattica. Nell'università del futuro ci sarà più tecnologia nella didattica, soprattutto per alcune attività complementari che possono essere fatte a distanza, come lezioni di recupero oppure il ricevimento degli studenti. L'università attuale ha una didattica molto tradizionale, poco interattiva, che non tiene conto delle abilità dei nativi digitali. In futuro avremo più digitale anche in aula, con la possibilità di utilizzare strumenti come la consultazione di banche dati in tempo reale, o l'utilizzo della realtà virtuale nel campo della progettazione.

Come tutelerete in concreto il diritto allo studio?

Faremo un intervento che estenderà la “no tax area” per Isee fino a 20mila euro e poi uno sconto per tutti gli studenti che sono tra i 20mila e 30mila euro di Isee, con la possibilità delle singole università di modulare questi sconti e integrarli. Gli studenti con Isee al di sotto dei 30mila euro sono circa 600 mila. Quindi più o meno la metà degli iscritti alle università pubbliche o non pagherà le tasse oppure avrà una tassazione ridotta.

Come risponderà l’università all’esigenza di formare coloro che dovranno cavalcare le sfide che questa crisi ha fatto emergere?

La sfida dell'università è quella di formare e aggiornare i saperi tradizionali, senza perdere le conoscenze di base fondamentali, ma avendo la capacità di contaminarle. Più che creare nuovi corsi studio dubbiamo riuscire a integrare nei corsi tradizionali competenze che oggi sono determinanti. Penso alle competenze digitali che sono trasversali a tutti i campi, ma anche ai temi legati alla sostenibilità e alla tutela ambientale.

La sua intera carriera accademica si è svolta nella più antica università pubblica del mondo, la Federico II di Napoli. Cosa intende salvare a tutti i costi della tradizione universitaria italiana?

La tradizione è un valore importante perché l'università è fatta di stratificazione di saperi. Le università italiane sono così solide proprio perché sono tra le più antiche del mondo. Intendo salvaguardare innanzitutto la solida preparazione di base che danno le università italiane, che è un passaporto fondamentale per il futuro, perché oggi, in un'epoca di rapida obsolescenza delle competenze, bisogna imparare non solo all'università, ma anche durante la vita lavorativa. Un altro aspetto non solo da preservare, ma anche da rafforzare, è la capacità del nostro sistema universitario di essere molto radicato nel territorio. Abbiamo sempre più bisogno di una formazione superiore che sappia parlare alla gente e con i territori. L'università del futuro sarà più tecnologica, con saperi più aggiornati, ma anche più capace di avere un impatto sociale rilevante sul territorio.

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