Diario della crisi

È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? Per dare voce all'esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta? Per restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare? Proviamo a trovare insieme queste parole.

Luca Illetterati - Agamben, Cacciari e quelle tesi pericolose sul “green pass”

28 luglio 2021

Agamben, Cacciari e quelle tesi pericolose sul “green pass”

 

Lo scorso 26 luglio, Giorgio Agamben e Massimo Cacciari – ovvero due dei pensatori italiani più noti tra quelli formatisi tra la fine degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ‘70 – hanno pubblicato sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici un piccolo testo a proposito dell’introduzione del green pass. In questo testo i due filosofi paventano il rischio, o per meglio dire l’evidenza, di un elemento potentemente discriminatorio e con conseguenze drammatiche per la vita democratica, tali addirittura da legittimare il ricorso a un’espressione pesantissima come quella di regime dispotico.

Il testo in questione è diviso in tre capoversi, che affrontano in qualche modo tre questioni diverse, creando così una sorta di pasticcio argomentativo che da un lato è pericoloso, perché legittima pratiche discorsive qualunquistiche – da due filosofi ci si attenderebbe una pulizia di pensiero di ben altro tenore – dall’altro lato indebolisce le stesse ragioni che il testo vorrebbe sostenere.

Nel primo capoverso il testo affronta infatti una questione seria, ovvero il pericolo che il green pass istituisca una discriminazione tra cittadini a cui vengono garantiti alcuni diritti e cittadini a cui non vengono garantiti. La questione non è per niente banale e non a caso è stata ampiamente discussa all’estero, ad esempio in Francia, in modo niente affatto superficiale. Si tratta di una questione di cui è sciocco pretendere di liberarsi con una semplice alzata di spalle. Quando in uno stato democratico si inseriscono per legge differenze di status fra i cittadini la cosa non è mai innocente perché le conseguenze che possono poi derivare da quelle differenze possono essere anche estreme.  Non sono infatti mancate in questo periodo prese di posizione anche autorevoli che hanno chiesto per esempio di far pagare i servizi sanitari ai non vaccinati che si fossero ammalati e dunque di rifiutare loro l’assistenza pubblica. E questa è una china pericolosissima. Perché allora si sarà legittimati a dire che anche i fumatori non devono essere curati e poi magari gli obesi, trasformando poco alla volta le patologie – quante sono infatti le malattie che derivano da stili di vita ‘inadeguati’? – in colpa di cui i soggetti devono pagare il fio. Il rischio, se si insiste cioè su quella china, è che si crei una società dove solo i sani – ovvero coloro che evitano qualsiasi forma di ‘contagio sociale’ – sono considerati cittadini adeguati e dove i malati, invece, sono cittadini colpevoli, ovvero costi per la società.

Nel secondo capoverso, invece, Agamben e Cacciari spostano il tiro e si rivolgono al vaccino. E dicono: ‘Nessuno invita a non vaccinarsi!’. Ma mentre lo dicono di fatto dicono anche che vaccinarsi è non solo pericoloso (si tratterebbe di una sperimentazione di massa), ma rischia di essere anche poco utile visto che molti vaccinati si infettano e si ammalano. E per sostenere questo portano alcuni dati, come ad esempio, il numero dei decessi di vaccinati in Gran Bretagna o la percentuale di copertura relativa che sarebbe garantita dal vaccino. Sono dati molto discutibili (come qualsiasi dato) e usarli così, tanto al chilo, come si suol dire, fa poco onore a due raffinati filosofi come Agamben e Cacciari. Anzi, in qualche modo portare qui questi dati, senza tenere conto ad esempio dell’effetto paradosso prodotto dal fatto che più aumentano i vaccinati e più sembra che il numero di vaccinati si ammali, indebolisce clamorosamente quanto di serio potrebbe esserci nel testo in questione. La questione della possibile discriminazione è una questione di principio che come tale deve essere discussa. Pretendere di rafforzarla con dati di fatto esposti senza alcuna discussione critica e soprattutto senza l’attenzione scientifica che ogni dato richiede indebolisce l’intero discorso.

In questo uso dei dati sembra agire nei due filosofi un’immagine piuttosto goffa della scienza, intesa poco più che come magazzino di dati dai quali si può tirar fuori ciò che si vuole. E la cosa emerge in modo piuttosto significativo nel terzo e ultimo capoverso di questo testo, dove Agamben e Cacciari affermano che una propaganda di regime vorrebbe far passare i non vaccinati come nemici della scienza. Certo che se per non risultare nemici della scienza ci si limita a fare un uso ideologico dei dati, pretendendo di ricavare conseguenze da due percentuali, non si fa un buon servizio né all’argomento serio che Agamben e Cacciari intendevano porre, né, certo, alla scienza, la quale è il luogo nel quale i dati sono discussi, pensati, criticati e non hanno certo quel valore autoritativo che i due raffinati pensatori invece vi attribuiscono.

 

L’articolo di Luca Illetterati è stato pubblicato sui quotidiani veneti del gruppo GEDI, il 28 luglio 2021. Ringraziamo per averne concesso la riproduzione sul “Diario della crisi”.

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