Diario della crisi

È possibile trovare le parole per esprimere lo smarrimento che proviamo, in questa sospensione del tempo attraversata da vertiginosi cambiamenti? Per dare voce all'esperienza della separazione dai nostri prossimi, che pure ci accomuna a tutti gli abitanti del pianeta? Per restituire le domande che ci poniamo, immersi in una sfera cognitiva dissonante, con la sensazione che ci sveglieremo da questo incubo in un mondo trasformato e da trasformare? Proviamo a trovare insieme queste parole.

Monica Ferrando - Paura della libertà?

20 ottobre 2021

Paura della libertà?

Perché una campagna vaccinale condotta in nome della salute dei cittadini ha carattere sperimentale (appena confermato dai produttori farmaceutici fino al 2023)? Perché la conseguente impossibilità di renderla giuridicamente obbligatoria tale l’ha resa di fatto, imponendo l’esibizione di un propusk* associato al vaccino per ogni accesso del cittadino al sociale? Perché, nonostante l’ingente dispiegamento di mezzi (finanziari) perché stampa e media ‘a reti unificate’ la sostenessero, continua ad aver bisogno di rinforzi? Si arriva al punto di mendicarli da quello che resta della filosofia almanaccando su di un messaggio antisociale pericolosamente contenuto nella difesa a oltranza della libertà (del singolo) contro la salute (della collettività) da parte di chi osa dissentire dalla procedura in corso. Questa, infatti, in nome della democrazia, non ammette né critica né dissenso. Strano: da Socrate fino a Giuseppe Rensi (il cui epitaffio, sed omnes ego non era il motto di Gianni Carchia) passando per Bruno, Vanini, Spinoza e Martinetti, il filosofo è sempre un singolo dinnanzi a una moltitudine più o meno tiranneggiata di cui testimonia la potenziale, conculcata libertà individuale. Per non parlare di Gesù, anche lui posto dal potere dinnanzi ai più, che poi gli preferirono Barabba. Oppure, secondo l’immagine che l’Occidente ha fatto propria per reclamizzare la sua taroccata democrazia, il ragazzo cinese di Piazza Tienanmen, solo di fronte ai carri armati che avanzavano schierati contro di lui. Certo, dirà ora lo pseudo-filosofo chiamato a dar man forte al potere, lì, in ballo, non c’era la salute, cioè la vita, il nostro massimo valore, ma solo esigenze superate come libertà o vita eterna. E cosa contano libertà (e vita eterna) dinnanzi al benessere fisico e alla sicurezza di non ammalarsi e non morire? Non è precisamente questo quel che interessa alla maggioranza? Lo pseudo-filosofo, aduso all’obbedienza sistematica connessa alla tecnolatria di cui è compunto adepto, come un tempo lo era della Chiesa o delle scuole e della loro gerarchia, non ha nulla da eccepire. Non è infatti di questo benessere e sicurezza che le autorità preposte ora si preoccupano? Ma certo! Non lo abbiamo subito visto dal primo posto riservato agli stanziamenti destinati alla sanità pubblica dopo le morti a catena occorse negli ospedali lombardi e piemontesi, i cui reparti di rianimazione erano stati distrattamente sostituiti da unità più redditizie? Non abbiamo immediatamente notato uno straordinario moltiplicarsi dei mezzi pubblici regionali e metropolitani per il trasporto di studenti e pendolari non gratificati da lavoro ‘da remoto’? Non si è apprezzata la delicatezza con cui la televisione ha evitato di creare panico nelle persone – soprattutto anziani costretti in casa – quando si trattava di informare sulle morti solitarie per covid di altri anziani? Non ha notato lo pseudo filosofo la scelta delle parole giuste per invitare all’accortezza e alla cautela cittadini adulti mediamente non privi di qualche esperienza nel trattare malattie infettive più o meno gravi, evitando quelle dure e irreversibili come ‘obbligo di distanza sociale’, implicanti separazione, discriminazione, apartheid? Non siamo tutti ammirati dalla cura che si prodiga alla scuola, minori e loro insegnanti, mai abbandonanti a se stessi e mai lasciati in balìa di regole contraddittorie, ma sempre interpellati quali educatori responsabili nella gestione in prima persona di un momento così delicato? Non s’è notata l’intelligenza con cui l’accesso, previa mascherina, consentito ai supermercati valeva anche per le biblioteche, in modo da non impedire né nutrimento fisico né spirituale? Non abbiamo infine lodato la sospensione dell’obbligo di mascherina per camerieri di ristoranti e bar, scettici sul fatto che un virus si abbassi a infettare clienti seduti al tavolo per poi rifarsi cinquanta centimetri più su? E, soprattutto, non ci siamo sentiti tutti sollevati dalla tempestiva predisposizione di un piano pandemico in base al quale gestire con ordine e senza sovraimpressioni politiche una emergenza sanitaria? Perché, pare chiedersi perplesso lo pseudo filosofo, dinnanzi a tale generosa disponibilità e competenza da parte dello Stato, rispondere con tanto libertario individualismo e filosofico dubbio? Ma insomma! Va bene per un filosofo di fama riflettere su uno stato d’eccezione (politico) protratto per motivi non politici (sanitari), va bene interrogarsi sulla tacita, ma ‘democratica’, abolizione del parlamento; ma arrivare al punto di difendere la libertà di pensare, di dubitare, questo è davvero troppo! Nell’immediato dopoguerra Carlo Levi aveva parlato profeticamente, per gli Italiani, di ‘paura della libertà’. Gunter Anders pochi anni dopo, in un libro esemplare, osservava che anche l’odio, come l’uomo, è diventato antiquato, così come i sentimenti in generale: l’uomo funzione della macchina non ne ha infatti quasi più (all’occorrenza può sostituirli con le faccette). Potrebbero fargli venire nostalgia di quella libertà che solo la filosofia spalanca, fuori dai tristi festival dedicati alla sua parodia.

*Lasciapassare che autorizzava a entrare e uscire dal campo militare di Katowice, cfr. Primo Levi, La tregua
(1963), Einaudi, Torino, 2014, p.53.

 

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