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Remo Bodei – "Hegel: figure e funzioni della filosofia" (1/5)

Prima lezione
Napoli, 3 marzo 1986
Dal metodo interiore al mondo nuovo: il filosofo nell’età della crisi

Primo di cinque incontri dedicati alla figura e al ruolo del filosofo e della filosofia in Hegel, il seminario si concentra sulla lettura e sull’analisi di tre frammenti hegeliani, databili tra il 1800 e il 1803. Tali frammenti sono stati tradotti in lingua italiana nel 1987 nel volume Scomposizioni. Forme dell’individuo moderno. Il commento che li accompagna trova qui il proprio impianto teorico. Attraverso la lettura dei frammenti, Bodei definisce il ruolo che la filosofia e il filosofo sono chiamati ad assumere per Hegel in epoche di crisi e delinea le alternative speculative e pratiche che hanno le moltitudini da una parte e i filosofi e i poeti dall’altra dinanzi all’emergere del nuovo. Di fronte alla medesima sofferenza, questi due tipi umani reagiscono con forza uguale e contraria. L’insoddisfazione per la vita così com’è si traduce nella ricerca dell’ignoto per le masse e nel rifugio nella solitudine per i filosofi/poeti. Nelle moltitudini si ha un tendere verso, un desiderio di andare avanti, mentre nei filosofi/poeti una nostalgia, un guardare indietro, una volontà di ritorno all’integrità della vita. Vi è un deficit di coscienza nelle masse, che viene compensato dal desiderio dell’ignoto, mentre non c’è deficit di coscienza nel filosofo ma ipertrofia, a scapito della vita. Inoltre vi è rischio simmetrico: dispersione dell’animo nell’immaginazione o nel mondo esterno per le moltitudini, isolamento come compenso per la vita perduta per i filosofi/poeti. Gli uni hanno il nisus, il Trieb, l’impulso per abbattere le barriere del mondo, mentre i secondi hanno la coscienza dei limiti ma non la forza per abbatterli.

Ne segue uno schema operativo a chiasmo: attraverso la sconsacrazione dei limiti, le moltitudini possono prendere coscienza del proprio destino e i filosofi possono trovare la forza per modificarlo. Insieme potranno diventare Macht e smascherare ed abbattere il positivo (il diritto, la religione), divenuto particolare e non più universale. Questo schema è importante perché implicito nella grammatica generativa dell’intera tradizione rivoluzionaria, da Marx a Gramsci. Il ruolo del filosofo in epoche di crisi, d’altra parte, non è dato una volta per tutte, ma varia rispetto alle specificità dell’epoca, di cui interpreta i bisogni collettivi, indipendentemente dalla volontà dei singoli.

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